martedì 30 gennaio 2007

RICERCA: MUSSI, VII PROGRAMMA QUADRO GRANDE OPPORTUNITA'


(AGI) - Roma, 29 gen. - Il VII programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell'Unione europea "rappresenta una grande opportunita' per l'Italia che potrebbe portare nei prossimi sette anni fondi per il nostro paese pari a 7-8 miliardi di euro". Lo ha detto il ministro dell'Universita' e della ricerca, Fabio Mussi, partecipando alla presentazione del VII programma quadro in base al quale l'Unione europea stanzia per la ricerca e lo sviluppo tecnologico circa 53 miliardi di euro in sette anni, dal 2007 al 2013. Dei fondi stanziati dal VI programma, quello precedente, Mussi ha sottolineato che l'Italia ha utilizzato il 9,6% dei fondi disponibili, contribuendo pero' al 14% del budget comunitario. Per il ministro l'obiettivo deve essere quello di "arrivare al 14% di utilizzo dei fondi; il che vuol dire 7 o 8 miliardi di euro che non e' impossibile avere a disposizione nei prossimi sette anni". (AGI)

AFRICA: LEONI (DS), BENE PRODI SU AIDS ORA SI DISCUTA LEGGE


(Adnkronos) - ''Apprezzo enormemente le parole del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, al vertice dell'Unione Africana ad Addis Abeba. Il premier ha garantito che l'Italia onorera' gli impegni assunti col 'Fondo globale per la lotta all'aids, alla malaria e alla tubercolosi', versando i 250 milioni di euro che ancora mancano per la quota 2006-2007. E' importante ora rendere stabile, continuativo e certo il contributo dell'Italia al Fondo''. Lo afferma Carlo Leoni, vicepresidente della Camera e primo firmatario della pdl per l'istituzione di un fondo per rendere stabile e certo il finanziamento italiano, che sollecita: ''ora si discuta e si approvi la legge''. ''L'impegno economico dell'Italia e' tanto piu' importante ed urgente, considerando quanto realizzato fino ad oggi dal Fondo nella sua breve vita-scrive Leoni- Sono stati avviati, infatti, in meno di cinque anni, oltre quattrocento progetti in 131 Paesi diversi, per una spesa di circa 5,4 miliardi di dollari. La cura e la prevenzione delle grandi pandemie e' una delle chiavi per favorire lo sviluppo dei continenti piu' poveri e martoriati: l'Italia deve fare la sua parte''. (Pol/Pe/Adnkronos)

PD: GRANDI (DS), LA COLLOCAZIONE NON SI DECIDE CON UN REFERENDUM. NON HO ALCUNA INTENZIONE DI USCIRE DAL SOCIALISMO EUROPEO


Roma, 26 gen. (Adnkronos) - ''Dico a Mauro Zani che la sua risposta, sul significato della proposta di fare un referendum su nome e affiliazione internazionale del partito democratico, non mi tranquillizza affatto. Mi dispiace, ma sul referendum non sono d'accordo ne' con Mauro Zani ne', tanto meno, con Salvatore Caronna, che pure dovrebbe sentire l'esigenza di sostenere la posizione politica della maggioranza, cui fino a prova contraria aderisce, e quindi, di Fassino''. Lo dice Alfiero Grandi, che sottolinea: ''Siamo all'avvio di un congresso che da' finalmente la parola alle iscritte e agli iscritti ai Ds sulla scelta, avanzata dalla maggioranza attuale del partito, di decidere di dare vita al Partito democratico''. ''E', evidentemente, parte costitutiva e fondamentale delle scelte congressuali decidere se il futuro partito si debba definire di sinistra e socialista, e se sara' parte costitutiva del socialismo europeo -aggiunge- Se questo, come spero, sara' un vincolo insuperabile, il futuro partito si potra' fare solo se il vincolo sara' sciolto positivamente. Sottoporre a referendum tra gli iscritti, o anche tra gli elettori, dopo il congresso, questa e altre scelte ha poco senso perche' c'e' chi, come me, e credo Mauro Zani, non ha alcuna intenzione di uscire dal Partito Socialista Europeo, e quindi, non accetterebbe una scelta contraria, neppure se fosse una maggioranza a farla. Ne', tanto meno, si puo' pensare di imporre, attraverso un referendum, a una parte fondamentale del gruppo dirigente della Margherita di entrare nel Pse suo malgrado, dopo che ha detto in tutte le salse che non ne vuole sapere''.

ATENEI. MUSSI: NUMERO CHIUSO ABUSATO, RIDURRE SBARRAMENTI


(DIRE) Roma, 25 gen. - "Il numero chiuso e' abusato e credo che bisogna ridurre gli sbarramenti, perche' e' necessario aumentare il numero di studenti". Lo ha detto il ministro dell'Universita' e della ricerca, Fabio Mussi, a proposito della riforma universitaria, parlando a margine della presentazione in Campidoglio del Master dell'ateneo Roma Tre in "Didattica della Shoah".

DS: BANDOLI, TIRA UNA BRUTTA ARIA NO A CONGRESSO BULGARO


Roma, 25 gen. (Adnkronos) - ''Tira una brutta aria...e non da oggi. Meglio correggere finche' siamo ancora in tempo. L'avevo intuito alla assemblea nazionale dei segretari di sezione, quando si erano visti sfilare tra gli interventi ben 26 segretari di sezione tutti d'accordo con Fassino e nessuno, dico nessuno, contrario al pd. E vi garantisco che diversi segretari di sezione contrari alla proposta del segretario ci sono!''. Fulvia Bandoli della Sinistra Ds richiama l'attenzione sulla trasparenza del congresso della Quercia. ''Oggi si svolge un incontro promosso dalla associazione dei gay Ds con il loro partito e non sono state invitate le minoranze -incalza Bandoli- Insomma tira un aria strana e sarebbe bene correggere in fretta la rotta. Non vorrei che oltre il socialismo, ci scoprissimo indirizzati verso regole bulgare,irrispettose del pluralismo e che nulla hanno a che vedere con la democrazia''.

RIFORME. LEONI: PDL COSTITUZIONALE, NO A COLPI DI MAGGIORANZA


(DIRE) Roma, 25 gen. - "Il risultato del referendum costituzionale del 25 e 26 giugno del 2006 ha dimostrato concretamente che moltissimi cittadini italiani intendono sottrarre le modifiche costituzionali alla totale (e dunque pericolosa) disponibilita' delle maggioranze politiche, maggioranze che sono per definizione, oltre che per intrinseca valenza democratica, 'a tempo'." Lo dice il vicepresidente della Camera Carlo Leoni, annunciando di aver depositato alla Camera con Marisa Nicchi, componente della I commissione affari costituzionali, una proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 138 della Costituzione. La pdl mira ad elevare la maggioranza necessaria per l'approvazione, in seconda lettura, delle leggi di revisione costituzionale, mantenendo la facolta' di sottoporre a referendum la legge di revisione costituzionale nel caso in cui lo chiedano un quinto dei componenti di una Camera, o cinque consigli regionali, o cinquecentomila elettori. Secondo il vicepresidente della Camera "e' necessario, dunque, rafforzare il carattere di rigidita' della nostra Costituzione, adeguando il sistema all'esigenza di spingere le maggioranze politiche alla ricerca 'tenace' di un accordo con le minoranze per poter mettere mano alla Costituzione, tenuto anche presente che questo e' stato considerato di importanza prioritaria nel programma sottoscritto dai partiti dell'Unione usciti vincitori dalle ultime elezioni". "Questo garantira' il raggiungimento di un ampio consenso- conclude Leoni- evitando per il futuro riforme costituzionali approvate a colpi di maggioranza al di fuori da ogni confronto democratico".

DS: BUFFO, AGENDA RIFORMISTI LONTANA QUELLA DEI SOCIALISTI EUROPEI


Roma, 24 gen. (Adnkronos) - ''Leggo che il Pd, per Fassino, sara' un partito del lavoro. E chiedo: perche' l'agenda proposta dai riformisti continua ad essere liberalizzazioni, pensioni, pubblico impiego, anziche' quella decisa a Porto dai socialisti europei?''. Lo afferma Gloria Buffo della Sinistra Ds a proposito del convegno sul lavoro organizzato dall'Ulivo.á ''Domando: come si rappresenta il lavoro -prosegue Buffo- sostenendo, come fa Fassino nelle interviste, che la legge 30 non va cambiata assolutamente? Mi chiedo: perche' il provvedimento piu' efficace per battere la precarieta', ovvero far costare di piu' il lavoro discontinuo rispetto a quello stabile, non e' in cima alle richieste dei nostri riformisti?''. ''In realta' nella politica italiana gli interessi dell'impresa sono sovrarappresentati, quelli del lavoro no. Si aspettano i fischi a Mirafiori per battere un colpo: in Italia, di tutto c'e' bisogno tranne che di un'altra forza politica equidistante tra imprese e mondo del lavoro. Dire una cosa ad un convegno un giorno e dire l'opposto nelle interviste il giorno dopo, non e' credibile'', conclude.

PD: MUSSI, AL CONGRESSO VOGLIO AVERE NUMERI PER FERMARLO


Teramo, 23 gen. - "Sono sicuro di avere successo. Vado al congresso perche' voglio i numeri sufficienti per fermare il treno di questo partito democratico che dovrebbe nascere dalla fusione di Ds e Margherita". Lo ha annunciato stamani il ministro dell'Universita', Fabio Mussi, a margine di una manifestazione all'ateneo di Teramo per la consegna dei diplomi di laurea. Secondo Mussi questo Partito Democratico "non si sa bene dove mettere nel mondo, non si sa bene che identita' abbia. Voglio avere i numeri sufficienti per fermarlo. Ora - ha concluso -combatto per questo. Il futuro e' sulle ginocchia degli dei come dicevano gli antichi".

giovedì 25 gennaio 2007

MANIFESTO PER IL SOCIALISMO DEL FUTURO


“Per il socialismo del futuro” Dalle diverse esperienze politiche e da diverse collocazioni nei precedenti congressi dei Ds, nasce dalla consapevolezza delle difficoltà culturali e politiche che attraversano la sinistra italiana e la sua principale forza politica.
La proposta del gruppo dirigente dei Ds di dare vita a una nuova formazione politica che porterebbe al superamento del partito dei democratici di sinistra ci vede nettamente contrari.
Noi vogliamo difendere, sviluppare e rinnovare profondamente i Ds come grande forza di ispirazione socialista pienamente inserita per Partito del Socialismo Europeo.
ritti e tra i tanti che guardano con attenzione e interesse alla nostra iniziativa politica. é un punto di partenza che dovrà essere arricchito col contributo di tante e di tanti in un percorso partecipato che organizzeremo nelle prossime settimane per giungere a una stesura definitiva e largamente condivisa.
Ciascuno può mandare il proprio contributo anche attraverso il sito www.socialismodelfuturo.it.

PER IL SOCIALISMO DEL FUTURO

I VALORI

1) Il mondo domanda un nuovo socialismo. Mai come ora si era esteso il mercato globale, mai come ora aveva dominato la merce. Mai l’umanità aveva visto crescere come ora il lavoro salariato e il lavoro intellettuale. Mai le reti di comunicazione erano state così sviluppate, consentendo a tutti di sapere di tutti, scoprendo così in piena luce l’ingiustizia, la disuguaglianza, la povertà, la violenza. Mai come ora i popoli hanno intrecciato tanto strettamente i loro destini. Mai prima d’ora l’economia aveva fatto tanto gravare sull’umanità la minaccia di una catastrofe ambientale.

Lavoro, pace, libertà, laicità, sostenibilità sono i valori del nuovo socialismo.
Estendere le libertà individuali e i diritti di cittadinanza; affermare e diffondere la democrazia; mettere in valore la libertà e la differenza femminile; distribuire i benefici universali della conoscenza e della tecnica; ridistribuire secondo principi di equità la ricchezza e assicurare a tutte le donne e gli uomini del pianeta la libertà dal bisogno; sostituire la cooperazione internazionale alle politiche di forza; proteggere l’integrità della terra per le generazioni presenti e quelle future; contrastare le neoideologie tribali, razziste, etnocentriche, fondamentaliste sono i tratti del suo programma.
2) Nel corso dell’800 e del 900 la crescita dei capitalismi nazionali, pur attraversando drammatici conflitti, è stata accompagnata dallo sviluppo della democrazia e dello stato sociale. Il pensiero della libertà, il movimento

socialista ispirato ai principi della democrazia, i movimenti anticolonialisti ne sono stati i principali attori.

Ora è necessario un processo analogo su scala globale. Con lo sviluppo di istituzioni economiche che regolino il mercato, portino lo sviluppo là dove spontaneamente non arriva (a partire dall’Africa), contribuiscano a edificare una economia per tutti gli uomini, protagonisti e non sfruttati. Con l’edificazione di istituzioni politiche sovranazionali che prefigurino un governo democratico e solidale del mondo.
Per questo l’Europa politica è una buona carta nelle mani dell’umanità. Lo spazio politico primario in cui si muove la sinistra italiana.
3) Costruire la pace è il primo imperativo della politica mondiale. La guerra non è una soluzione, come dimostrano chiaramente gli eventi mediorientali. Per questo deve essere rilanciato il processo del disarmo. Il mondo è in pieno boom di spese militari, salite a oltre 1000 miliardi di dollari l’anno, la metà dei quali nel bilancio degli Usa. È ripresa la spinta verso la costruzione di nuove armi atomiche, chimiche, batteriologice. Una quota crescente del surplus mondiale finisce in armamenti.

L’uso della forza militare per fermare i conflitti, evitare il genocidio, mantenere la pace è legittimo solo quando è nell’ambito delle Nazioni Unite e della condivisione nella comunità internazionale. Questa legittimità deve essere accompagnata dalla capacità di prevenire i conflitti intervenendo sulle cause.
La civiltà umana è una. Le culture diverse possono trasmettersi reciprocamente principi universalistici, come quelli della libertà delle donne e della democrazia, solo fuori dalle logiche di dominio e dallo spirito di guerra. La non violenza è un valore cui tendere.
4) Deve essere pattuito nel mondo un nuovo inventario dei beni comuni dell’umanità, non disponibili per interessi privatistici o speculativi, e messi al riparo dall’egoismo e dall’avidità:
a. beni comuni naturali: acqua dolce, mari e oceani, foreste, spazio;
b. accesso di tutti ai medicinali e alle cure sanitarie;
c. equa distribuzione del sapere, dell’informazione e della tecnologia.

Gli “Obiettivi di sviluppo del Millennio” indicati dalle Nazioni Unite, non possono essere accantonati.
5) Nel nuovo secolo l’umanità deve affrontare la sfida più alta: quella, a popolazione ed economia crescenti, del progressivo esaurimento dei combustibili fossili e del riscaldamento del pianeta.

Una tale sfida comporta radicali cambiamenti nella economia e nella società, ed un inedito salto tecnologico verso sistemi di risparmio energetico e verso nuove fonti rinnovabili e non inquinanti.
Il tempo stringe e l’impresa richiede una organizzazione su larga scala dell’istruzione, della scienza, del modo di produrre, ed un gigantesco piano di investimenti.
L’ecologia diventa parte essenziale di un socialismo moderno e dello stesso governo razionale del mondo.
6) Scienza e conoscenza sono gli strumenti più formidabili che ha a disposizione l’umanità. Per il piacere della scoperta senza la quale non ci sarebbe storia umana, e per i benefici che porta con sé.
In tutto il mondo c’è una esplosione degli investimenti in formazione e ricerca. È vero che quando la scienza produce tecnologia che sale verso le alte energie e scende nei meccanismi della vita, si pone la questione dei limiti e delle regole. Ma la libertà della scienza, conquistata faticosamente agli albori della modernità, è un valore irrinunciabile.
7) Il pluralismo delle scelte etiche – individuali e comunitarie – è il cuore della libertà. Il principio della laicità dello stato, perciò, non è negoziabile: esso è la condizione primaria del pluralismo delle scelte, comprese quelle religiose.
Sugli stili di vita dei cittadini e sull’autonomia di scelta delle persone non possono gravare obblighi di stato. Sessualità, procreazione, relazioni familiari si confrontano liberamente in una società ospitale per tutti.
8) Le forze socialiste rappresentano il lavoro su scala globale. Il diritto al lavoro costituisce la base stessa dei diritti umani. L’obiettivo storico di una occupazione buona, piena e stabile per tutti non è tramontato.

In Occidente i caratteri del lavoro sono profondamente cambiati. Siamo di fronte ad una moltitudine di lavori, più flessibili. Ma l’esistenza di un esercito industriale di riserva (lavoro nero, lavoro precario, lavoro degli immigrati sotto pagati), il crescente divario di potere tra l’impresa e il lavoratore, il crescente divario di reddito tra management e lavoro dipendente, non dipendono dalla tecnica.
Essenziale è garantire una forte rappresentanza sindacale e una forte rappresentanza politica dei lavoratori di ogni livello. Il corporativismo soffoca le energie della società.
Le forze socialiste affermano l’universalità dello stato sociale, nella sanità, nell’istruzione, nella previdenza, nella assistenza. L’evidente necessità di un “nuovo welfare”, più rivolto alla persona, più efficiente e fiscalmente sostenibile, non comporta lo “stato minimo”. E se l’azione diretta dello stato può essere in molti casi sussidiata dal settore privato, dal volontariato e da no-profit, i compiti fondamentali restano non delegabili.
Nell’economia sociale di mercato l’impresa, che ha un ruolo essenziale, deve formarsi alla cultura della sua responsabilità sociale.
9) Democrazia senza forti partiti politici, portatori di valori, idee, memoria, coscienza, non si dà. Non si dà una stabile funzione nazionale di partiti politici che non siano portatori di una etica. L’etica pubblica è il principale valore immateriale su cui si reggono le nazioni.

Dell’etica pubblica gli elementi fondamentali sono il rifiuto di ogni commistione tra affari e politica e il comportamento rigoroso nell’uso del pubblico denaro. Un partito moderno deve fondarsi su una pratica politica di tipo nuovo, caratterizzata dal ruolo attivo degli iscritti, dalla partecipazione democratica, da regole certe e trasparenti, da un pluralismo riconosciuto come ricchezza e non come disvalore.
Se i partiti divorziano dall’etica diventano macchine elettorali di potere, che finiscono per rappresentare lo stesso ceto politico che selezionano nelle istituzioni locali e nazionali. Bisogna spezzare questo circolo vizioso, ripristinando il primato dei rappresentati, riducendo i costi della politica, valorizzando il volontariato e l’impegno generoso e gratuito, la bellezza della partecipazione democratica e dell’impegno civile e sociale.

IN ITALIA, UNA GRANDE E UNITARIA FORZA,
DI SINISTRA E DI ISPIRAZIONE SOCIALISTA


10) L’Italia si governa con una alleanza democratica larga. L’Ulivo ha fatto crescere questa idea, l’Unione l’ha realizzata.

È stata battuta finalmente la destra populistico-plebiscitaria costituitasi attorno a Berlusconi.
Ora il successo del Governo di Centrosinistra, presieduto da Romano Prodi, è fondamentale, per evitare una regressione della vita nazionale che può spingersi anche ad una crisi di regime democratico, e per aprire la prospettiva di un profondo rinnovamento della vita civile, democratica e sociale del Paese. A questo impegno ci sentiamo assolutamente vincolati.
11) L’Italia, per oggi e per domani, ha bisogno di una forte, autonoma sinistra di ispirazione socialista, parte del socialismo europeo, aperta ai movimenti e alle culture critiche che si sono formate fuori dal campo socialista tradizionale. È questa la condizione per rispondere positivamente alle nuove contraddizioni e ai problemi del nostro tempo e del nostro Paese. L’ipotesi di una “sinistra di centro”, che pure ha attraversato alcune forze del socialismo europeo, appare sempre più inadeguata ed è in discussione negli stessi paesi che l’avevano sostenuta.
La proposta del partito democratico si presenta non solo come sviluppo di quella ipotesi ma va oltre. Un partito che, già nel nome e nel simbolo, perde i riferimenti alla sinistra e al socialismo. Un partito che non ha corrispondenza in Europa.
12) Ci rivolgiamo a tutta la sinistra italiana, che rappresenta tanta parte della politica, della società, della cultura del nostro Paese. A tutta la sinistra, che condivide oggi responsabilità di governo.
Molte delle divisioni del passato non hanno più ragione d’essere. Occorre radicare in Italia, e offrire alle nuove generazioni una grande forza di sinistra, capace di affrontare la sfida del governo, collegata ad altre grandi forze del socialismo democratico dell’Europa e del mondo.
Si può aprire un processo nuovo.

mercoledì 24 gennaio 2007

DUE O TRE COSE VORREI DIRE A D'ALEMA SUL PARTITO DEMOCRATICO di Pasqualina Napoletano


"L'Unità" 23 gennaio 2007


Alcuni argomenti del discorso di Massimo D'Alema riferiti alla costruzione del partito democratico in occasione della terza assemblea dei segretari di sezione hanno suscitato in me grandi perplessità. Un discorso peraltro ampiamente condivisibile soprattutto nella parte della politica estera e dell'azione del governo. È bene quindi essere espliciti sui punti del dissenso, poiché questo non può che fare bene al nostro dibattito interno.

Riassumo i punti controversi in quattro questioni. La prima. D'Alema ha sostenuto che noi Ds da soli non bastiamo, non siamo sufficienti. Questo è vero, tanto che ci siamo adoperati fin dal '96 nella costruzione di una coalizione che sconfisse Berlusconi e che si avviava a divenire un soggetto politico, ma quel processo si interruppe.

Non occorrono molti argomenti per dimostrare la differenza tra forze che si coalizzano o meglio si federano e forze che si fondono in un unico partito politico. La scelta del partito democratico è appunto la seconda ed esso, al di là delle intenzioni, riguarda quasi esclusivamente Ds e Margherita, quindi una parte, non solo dell'attuale Unione, ma anche dell'Ulivo che nel '96 dette vita alla coalizione. Un'operazione di aggregazione parziale che seppure avrà successo elettorale non rappresenterà mai l'intera coalizione, con il rischio di approfondire le divaricazioni che già oggi non mancano all'interno dell'Unione. Il processo di formazione del partito mette poi Ds e Margherita di fronte ad un conflitto continuo per la supremazia politico-culturale ed anche di potere ed è proprio da qui il carattere asfittico dell'operazione con il rischio di logoramento delle stesse forze che ne sono protagoniste.
Il secondo argomento riguarda l'Europa. Dice il compagno D'Alema che in Europa il progetto dell'Ulivo è visto con simpatia ed incoraggiato da tutti i leader europei.

È vero, per gli europei l'Ulivo significa la sconfitta del governo Berlusconi, la nascita di un governo progressista e di sinistra, una nuova politica per l'Italia e per l'Europa. Quanto al partito democratico, vi sono state in Europa ampie e ripetute assicurazioni da parte dei nostri dirigenti che esso non può che collocarsi nel socialismo europeo, anche per questo al congresso di Porto, con l'accordo della minoranza Ds, si è votato un emendamento allo statuto che allarga a forze democratiche e progressiste il partito del socialismo europeo.
Ciò che i nostri dirigenti tendono ad omettere è che, anche dopo Porto, si sono moltiplicate le dichiarazioni dei dirigenti della Margherita che ribadiscono che mai e poi mai il futuro partito democratico aderirà al partito e al gruppo del socialismo europeo. Per tutta risposta, Piero Fassino ribadisce che questa questione sarà dirimente. E allora delle due l'una. Se essa è realmente dirimente non si capisce perché si continui, senza risolverla, a procedere a tappe forzate verso il partito democratico; se essa non lo è, altri sbocchi sembrano essere possibili. Metto in guardia dal ripetere l'esperienza di una lista unica alle europee che poi produce, come avviene oggi, la divisione degli eletti in due gruppi diversi. Innanzitutto perché l'Europa ha bisogno nel suo progresso politico e democratico di veri partiti sovranazionali ed un partito sovranazionale è tale se riceve una cessione di sovranità. Se l'attuale situazione bicefala dovesse protrarsi, a quale partito europeo il partito democratico cederà sovranità? Questo non è un dettaglio, cozzerebbe con quell'europeismo che è una delle caratterizzazioni del governo e dei partiti del centrosinistra, anche rispetto all'esperienza del governo Berlusconi.

La stessa esperienza della lista unica avvenuta nelle europee del 2004 andrebbe valutata criticamente. Essa infatti non solo ha prodotto come conseguenza che gli eletti sono collocati in due gruppi diversi, indebolendo così la presenza in entrambi e soprattutto nel gruppo socialista europeo, ma ha prodotto una sorda conflittualità che serpeggia nelle reciproche relazioni. Infatti, ai parlamentari, prevalentemente Ds, che dall'inizio della legislatura si sono dimessi per svariati motivi, sono per lo più subentrati esponenti della Margherita che, ovviamente, non sono entrati nel gruppo socialista ma hanno raggiunto i loro compagni di partito del gruppo liberale. Insomma, non è il migliore dei modi per contare nel Parlamento Europeo, le conseguenze si sono già viste per il fatto che i democratici di sinistra italiani non ricoprono attualmente alcuna carica istituzionale di rilievo nel Parlamento Europeo.

Il terzo argomento l'ho trovato particolarmente originale e perfino autoironico. D'Alema ha detto che gli capita spesso, girando il mondo, di incontrare vecchi amici che un tempo si vedevano prevalentemente a Mosca in occasione del festival della gioventù comunista e che oggi fanno parte di partiti i cui nomi non hanno nulla a che fare con il socialismo e con la sinistra, ma ciò non toglie che loro lo siano rimasti. Intanto c'è da chiedersi di quale sinistra? Visto che D'Alema, mi pare di aver capito, si riferisce ad esponenti di partiti unici ed autoritari dell'Est e di altri continenti con una chiara impronta filosovietica che dopo la caduta del Muro si sono riciclati in formazioni diverse o ne hanno fondate di nuove. Capisco che la foga della polemica con la sinistra interna è foriera di originali elaborazioni, tant'è che questo ragionamento lo porta ad un nuovo concetto, quello di «socialismo mimetico» o di socialismo come «diaspora», quasi che esso in Italia non possa che vivere, come in alcuni paesi dell'est, se non in una forma mascherata.

La domanda giusta cui ancora oggi stentiamo a dare risposta è, invece, a mio avviso un'altra e cioè come mai in Italia, sia prima che dopo il 1989, non sia stato possibile l'unità delle forze di sinistra e far crescere un partito esplicitamente socialdemocratico, laico e di sinistra della forza degli altri partiti europei? Mi si risponde: «ma è il partito democratico, baby». E no, non credo dai presupposti che vedo, a cominciare della laicità e dalla critica al capitalismo ed alla modernità, che questo sia vero.

La stessa questione cattolica così come viene affrontata nel partito democratico non mi convince. È come se esistesse una cultura politica cattolica capace di caratterizzarsi in quanto tale. Non è così, almeno dalla fine della Dc se vogliamo considerarla come il luogo dell'unità politica dei cattolici, cosa peraltro non vera già allora. Oggi esistono cattolici di sinistra, progressisti, conservatori, reazionari e la stessa questione della laicità proprio per questo è declinata diversamente dagli stessi. Invece di costruire quello che è stato definito un «compromesso storico bonsai», sarebbe più interessante riferirsi all'esperienza del Ps francese in cui persone come Delors, cattolico, non hanno alcuna difficoltà a ritrovarsi nei valori e nella politica socialista.

L'ultima notazione voglio farla sui democratici americani. Dice D'Alema che molti di loro si sono battuti contro la guerra di Bush molto più di quanto non abbiano fatto molti socialisti europei. È come dire: «Vedete, quelli non si chiamano socialisti, non si definiscono di sinistra ma alla prova dei fatti lo sono più di tanti altri». Intanto l'esempio portato non mi pare dei più felici, infatti mi pare di ricordare che solo una esponente democratica del congresso, donna e nera, osò votare contro la spedizione di guerra in Iraq. I democratici, per parte loro, si sperticarono nel sostenere la strategia di Bush, tanto che furono portati ad esempio da Berlusconi. Oggi, certo, le cose sono cambiate alla luce delle oltre tremila vittime americane e dalla constatazione che la guerra è persa. Quanto all'Europa, è vero che un particolare partito, un paese, si è distinto nell'essere il capofila della strategia di Bush, si tratta del Labour di Tony Blair, seguito dai polacchi ed altri paesi dell'Est. La grandissima parte dell'Europa e della sinistra europea ha contrastato quell'intervento, per non parlare del grande movimento che si produsse in Europa, che fu definito la seconda potenza mondiale.
Ma, a proposito, non è Blair uno di quei leader europei tanto osannati per essere andati oltre il socialismo classico? Non sono lui ed i suoi think tank ad essere così valorizzati dalla Fondazione Italianieuropei? A proposito di Iraq vale la pena ricordare che anche in casa nostra le cose non sono state lisce e che far assumere ai Ds la posizione del «ritiro» costò non poca fatica alla minoranza intera, che dovette ricorrere a momenti di vera drammatizzazione della questione al congresso di Roma. Questione oggi condivisa da tutti e che ha qualificato i primi atti di governo di Romano Prodi. Tornando a D'Alema, perché contrapporre i socialisti europei e democratici americani come se ci fosse bisogno del partito democratico in Italia come mediatore in questa relazione? Essa esiste da tempo e progredisce, lo ha dimostrato anche la presenza di Howard Dean al congresso di Porto.
Il socialismo certo non è un'ideologia e non va vissuto come tale, esso però, nonostante noi, esiste come aspirazione di grande parte della popolazione europea. Esso continua ad essere un processo che produce critica, emancipazione, uguaglianza. È vero che deve costantemente rinnovarsi, tanto più oggi dove i processi economici, sociali, culturali precedono di gran lunga la politica e le istituzioni. Mi incoraggia il fatto che sia il recente congresso di Porto che le elaborazioni di alcuni partiti socialisti europei pongano l'accento sul recupero pieno della dimensione sociale e sul ruolo dello stato, delle istituzioni europee, sulla critica alla modernità così come si presenta, sulla questione ambientale, sulla libertà, sui diritti delle persone, sulla laicità delle istituzioni.

Se tutto questo vuol dire andare «oltre» allora sì, bene, andiamoci, ma per fare questo non è necessario né dismettere la nostra identità di sinistra né mimetizzarci in formazioni dal profilo incerto. Ho il timore, per come si sta sviluppando il dibattito, che per alcuni andare «oltre» il socialismo voglia dire, invece, andare da «tutt'altra parte».
Quest'ultima notazione, evidentemente, non è riferita al discorso del presidente D'Alema, che notoriamente non si sottrae al confronto, aperto e anche aspro, e che ha avuto il coraggio di affermare pubblicamente la necessità, per i Democratici di Sinistra, di superare la tradizione socialista europea, tanto più se si considera, come egli dice, che i Ds sono solo da poco entrati nella famiglia socialista.


Pasqualina Napoletano
(Vice-presidente del gruppo socialista
al Parlamento Europeo)

LUOGHI E NON LUOGHI, PARTITI E NON PARTITI di Vincenzo Vita


Approfondimenti Riappropriamoci, innanzitutto, di un metodo davvero democratico e poi un percorso che coniughi le esperienze classiche dell'agire politico con la rete sociale, associativa e territoriale. Un laboratorio di cultura e di politica aperto ai linguaggi delle generazioni degli sms e dei blog. Per un'idea di politica diversa, in cui il partito è uno dei "nodi", non l'unico, né quello centrale.


Dopo otto mesi di governo del centrosinistra, mesi intensi e tesi, segnati da impegni gravosi anzitutto sul fronte del risanamento del bilancio e del rilancio del sistema-paese che hanno comportato scelte certamente difficili, il dato politico più rilevante è l'irrisolta fase di transizione e di ripensamento che l'Ulivo sta attraversando.
L'urgenza della competizione elettorale vinta pur di misura configura uno scenario politico nel quale una delle questioni di fondo è il superamento del ‘berlusconismo', colto nella sua dimensione più ampia e invasiva e dunque quale fenomeno ‘metapolitico', vale a dire la sua peculiare configurazione di subcultura di massa. Va detto che la specificità di tale fenomeno sta innanzitutto nell'aver consegnato una sorta di normalità al concetto di destra, non quella storica bensì un suo succedaneo interno ai fenomeni della modernità. Il ‘berlusconismo' è riuscito a intercettare (a patto di essere presente in prima persona con il suo massimo testimonial) diversi dei fili di congiunzione tra la globalità mercantile e i nuovi individualismi, gli istinti primordiali a tutelare la piccola (o meno piccola) proprietà privata considerata a rischio nell'allargamento dello spazio e del tempo. E' una forma evidente di populismo dell'era elettronica, che dà fiato e un simulacro identitario a gruppi sociali che si sentono privi di protezione corporativa.
Il merito (demerito) di Berlusconi è di aver fatto lievitare dal ventre molle delle culture massificate il prodotto peggiore del mix tra globale e locale, erigendo a linea politica il terrore del diverso e del tempo della contemporaneità. Ha unito le ansie ancestrali con la leggerezza della società mediatica.
Ha costruito un vero clima di paura agitandosi una volta a favore e un'altra contro la modernità. Anzi, ha contribuito a determinare il concetto di surmodernité, tanto caro a Marc Augé. L'antropologo francese ci invita a pensare che le attuali trasformazioni siano meno razionali di quanto si sostenga, che l'economia della società postindustriale più ‘sviluppata' non si spiega del tutto senza prospettarne il simbolico, l'ideologia, le credenze. (2006).
Ora la questione improcrastinabile è la costruzione di un progetto politico di lungo periodo e una profonda riflessione sul riassetto tutto interno all'Ulivo e sulle prospettive poste dalla nascita del Partito democratico.
E' bene fare attenzione a un simile processo, che non si può considerare concluso con la sconfitta politica della Casa delle Libertà: tra l'altro, diverse forme tipiche del "berlusconismo" hanno fatto breccia in modo inequivoco negli stili e, purtroppo, in certe scelte della sinistra. Se non si riparte da qui, ovvero dalla ricostruzione di alcuni fondamentali valori, delle culture soggettive sottese alla "linea" politica non si va molto avanti e non si costruisce nessuna alternativa.
Dobbiamo uscire, per dirla in breve, dalla spirale dentro cui spesso si muovono le culture politiche del nostro campo (sia quelle più moderate sia quelle più gauche), con una sorta di divisione tra la nostra razionalità e l'azione sui sentimenti divenuta appannaggio delle destre.
Insomma, è bene cogliere tutte le implicazioni della surmodernité che, come ci ricorda Augé, risulta simultaneamente dalle tre figure dell'eccesso, ovvero la sovrabbondanza d'avvenimenti, la sovrabbondanza spaziale e l'individualizzazione dei riferimenti, trovando la sua espressione più genuina nei non luoghi (1993). Così, è essenziale introdurre nel discorso pubblico sugli attuali processi democratici - nei loro inquietanti alti e bassi - l'importanza del "vissuto" nella ridefinizione delle forme di potere e, ancor più, lo slittamento in corso d'opera dall'astrazione politica - ovvero la prepotente riemergenza dell'"emozionale" nella vita sociale, che costituisce una delle caratteristiche essenziali, e forse quella principale, della postmodernità (Michel Maffesoli, 2006).
Il tema si complica ulteriormente se si considera in modo non occasionale la crescita, per usare la definizione di Manuel Castells, della "società informazionale", che comporta modifiche sostanziali tanto sui caratteri della soggettività sociale quanto sulle forme della rappresentanza, ovviamente anche nelle istituzioni. Derrick de Kerckhove sostiene che l'attuale struttura politica è figlia della cultura letteraria, mentre l'era della rete ha aperto un nuovo capitolo, che non significa superamento, ma certo riconsiderazione del tessuto nervoso della struttura democratica. E, va aggiunto, delle stesse forme dell'organizzazione politica, a cominciare dalla questione del partito, come ci è stata consegnata dalla tradizione ottocentesca, ancorché innervata dal pensiero gramsciano. Di lì, anzi, - dal partito come intellettuale collettivo - si dovrebbe ripartire.
E' qui che si colloca il dibattito di oggi, ed è qui che passa il tema del partito democratico, che costituisce una frettolosa (e sbagliata) risposta al quesito che la situazione ci pone. Si può facilmente obiettare che pure l'ipotesi di sempre della sinistra unita corre rischi analoghi. Tuttavia il tema del rilancio della sinistra è ineludibile. Proprio per questo, va messa in agenda, nel parlare di sinistra e di socialismo, una profonda riconsiderazione del modello stesso di organizzazione della politica, riaprendo da tale via il nodo identitario della sinistra del nuovo secolo e del nuovo millennio. Che non è solo tema di linea politica, bensì di ridefinizione del territorio cognitivo dentro cui ricostruire la soggettività politica. Claudio Napoleoni ci invitava a "cercare ancora" e la lezione del grande economista è di grande attualità, come il McLuhan del "mezzo è il messaggio". Non è una risposta ai quesiti posti dal confronto, ma è un tentativo di rivedere l'agenda del discorso. Riappropriamoci, innanzitutto, di un metodo davvero democratico e poi un percorso che coniughi le esperienze classiche dell'agire politico con la rete sociale, associativa e territoriale. Un laboratorio di cultura e di politica aperto ai linguaggi delle generazioni degli sms e dei blog. Per un'idea di politica diversa, in cui il partito è uno dei "nodi", non l'unico, né quello centrale.
*Il testo che segue è la nota introduttiva di Vincenzo Vita ai lavori del convegno tenutosi venerdì 19 gennaio presso Teatro Capranica a Roma organizzato da "Una sola terra", la Fondazione culturale per la democrazia e il socialismo nata con l'obiettivo di riportare la riflessione della politica sui nuovi temi elaborati dalla sociologia, dall'antropologia, dalla filosofia politica, dall'ambientalismo, dalla scienza della comunicazione e dei nuovi media sulle trasformazioni ed evoluzioni della società e degli scenari internazionali del terzo millennio. Si è trattato del primo incontro pubblico della Fondazione, che vuole costituire un punto di riferimento nella discussione che impegna la sinistra nel ridisegno della propria agenda politica e nello sforzo di sollecitare il coinvolgimento e la partecipazione di fasce sempre più ampie di cittadini.
All'incontro hanno partecipato Marc Augé, Paolo Leon (presidente designato della Fondazione), Giacomo Marramao, Laura Pennacchi, Martine Roure e Fabio Mussi.

MARC AUGE': L'ATTUALITA' DEL SOCIALISMO


Politica. Tra i promotori dell'Associazione "Unasolaterra", introduce oggi (venerdì) a Roma il dibattito "Luoghi, non luoghi, soggetti della politica - Cosa diciamo oggi quando diciamo socialismo" con Giacomo Marramao, Fabio Mussi, Laura Pennacchi, Martine Roure, Vincenzo Vita. L'appuntamento è alle ore 17.00 al Teatro Capranica (piazza Capranica). Lo abbiamo incontrato in anteprima per aprileonline.

Già directeur d'études presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, di cui è stato a lungo Presidente, Marc Augé è uno dei più affermati antropologi contemporanei. Africanista di formazione, ha studiato a lungo le popolazioni dell'Alto Volta e della Costa d'Avorio, svolgendo ricerche sui sistemi di potere, sulle religioni tradizionali e sul profetismo. A partire dagli anni Ottanta ha elaborato un'antropologia della pluralità dei mondi contemporanei attenta alla dimensione rituale del quotidiano e della modernità. In questa prospettiva è venuto elaborando nuovi modi di intendere le relazioni tra dimensione spaziale e appartenenza ai luoghi. Più di recente si è occupato dei modelli di produzione della memoria culturale e dell'assottigliarsi dell'orizzonte del passato nella società contemporanea. Tra le sue opere: Non luoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità (Milano 1993); La guerra dei sogni. Esercizi di etno-fiction (Milano 1998); Genio del paganesimo (Torino 2002); Il dio oggetto (Roma 2002); Poteri di vita, poteri di morte (Milano 2003); Rovine e macerie. Il senso del tempo (Torino 2004); Perché viviamo (Roma 2004).
Tra i promotori dell'Associazione "Unasolaterra", introduce oggi (venerdì) a Roma il dibattito "Luoghi, non luoghi, soggetti della politica - Cosa diciamo oggi quando diciamo socialismo" con Giacomo Marramao, Fabio Mussi, Laura Pennacchi, Martine Roure, Vincenzo Vita. L'appuntamento è alle ore 17.00 al Teatro Capranica (piazza Capranica). Lo abbiamo incontrato in anteprima per aprileonline.
Professor Augé, partiamo dal sottotitolo dell'iniziativa della Fondazione "Unasolaterra": Cosa diciamo, oggi, quando diciamo Socialismo?
Una domanda interessante e, soprattutto, complessa. Il Socialismo non può che partire dal rispetto dell'uomo, dei diritti dell'uomo, dell'individuo, dei suoi diritti. Il Socialismo non può prescindere dai principi di eguaglianza e di libertà. Laddove per eguaglianza, penso prioritariamente all'eguaglianza nell'accesso del sapere e della conoscenza, e per libertà penso alla libertà dalla schiavitù economica, ma anche di pensiero e di ricerca, abbandono delle vecchie armature ideologiche. Due concetti, quello di eguaglianza e di libertà, che possono apparire datati, che ci riportano alla rivoluzione francese del 1789 - ma che storicamente non sono stati mai realmente applicati. Il Socialismo non può che definirsi a partire da questi principi e attraverso questo esistere in una prospettiva dell'universale.
La sua crisi nel 20mo secolo è la conseguenza della gestione sbagliata del rapporto tra libertà ed eguaglianza. Un errore che si tende ancora oggi a ripetere. Dopo la sconfitta dei sistemi comunisti, la questione che si pone, oggi, sta nella natura del potere del socialismo e nel modo in cui esso si esercita in primo luogo rispetto alla sua relazione con l'economia di mercato. E' sbagliato pensare che il socialismo sia già una realtà data, con le sue regole, i suoi paletti, le sue strutture. E' un errore delle ideologie, di un'armatura intellettuale che troppo spesso ci ingabbia. La scienza, se mi permetti questo paragone, si muove, diciamo così, al contrario: partendo dalle esperienze di base, con un approccio sperimentale. Il nostro laboratorio è costituito da una "coscienza planetaria" che è ecologica e riguarda anche la presa di coscienza di un allargarsi del divario fra ricchi e poveri. Credo che il Socialismo sia un progetto e... ecco, mi sembra che già quest'affermazione porti con se innumerevoli conseguenze.
Un progetto, che nell'era della cosiddetta globalizzazione, è forse ancora più attuale e necessario?
Certamente si. Vedi, quello che oggi ci rende pessimisti è il triste inventario della quotidianità. Viviamo in un mondo aristocratico: non c'è solo una enorme disuguaglianza economica, ma soprattutto esiste un'enorme disuguaglianza rispetto alla scienza e alla conoscenza. Disuguaglianza inaccettabile, che si produce non solo tra nord e sud del mondo, ma anche all'interno di ciascun singolo paese sviluppato. E' una follia. Siamo schiavi di totalitarismi religiosi, economici, culturali. Incapaci di reagire. La rivoluzione è possibile e si chiama conoscenza. I soldi per fare la guerra sono sempre disponibili, eppure scarseggiano quando si tratta di trovare i fondi per la formazione e il sapere. L'unica guerra oggi necessaria è la guerra all'ignoranza, e la via per il socialismo non può che percorrere la strada della conoscenza e del sapere. Al contrario, restiamo inerti, ingabbiati nelle superstizioni e nei vecchi schemi ideologici.
Non possiamo aiutare a sconfiggere l'ignoranza nei paesi in via di sviluppo se prima non ci battiamo per sconfiggere la nostra stessa ignoranza. Ti faccio l'esempio del mio paese, la Francia, e di come ha affrontato sino ad oggi il grande tema dell'immigrazione: non sono tra coloro che affermano che il modello francese è fallito perché, in realtà, ritengo non sia mai stato veramente applicato.
Credo che gli sforzi della Francia siano stati insufficienti per quel che riguarda l'alfabetizzazione, l'istruzione e l'integrazione. Si è quindi verificata una rottura tra la prima generazione dei genitori e la seconda formata da questi ragazzi, che hanno frequentato la scuola e che hanno elaborato una cultura propria, che poi è quella della città di periferia, in cui sono nati e cresciuti. In questa rottura ha origine il conflitto principale.
Il paradosso oggi è che si parla di globalizzazione, ma i conflitti locali, localissimi, sono più che numerosi...
L'analisi marxista è oggi più attuale che mai: anziché parlare di globalizzazione, io parlerei di mondializzazione. Se vi sono, oggi, dei punti di passaggio nella rete della globalità, è sempre più vero che gli episodi locali sono marcati dall'esclusione. Nella strategia economica globale, l'idea del futuro di una grande parte dell'umanità è scomparsa. Le contraddizioni sono mondiali. Il liberismo, che pure all'apparenza avrebbe vinto, ha contribuito a scatenarne sempre di nuove.

MUSSI: "ANDIAMO AL CONGRESSO PER VINCERLO"


Dalla direzione Ds è arrivato il via libera alle regole per il congresso. Le assise, che la commissione apposita propone di tenere dal 19 al 21 aprile prossimi, si svolgeranno in una città ancora da stabilire. E, dopo una giornata di discussioni e trattative tra maggioranza e minoranza, si è stabilito che si voterà a scrutinio segreto, congiuntamente, per le mozioni e il segretario. Soddisfatto Fabio Mussi, candidato alla segreteria per la mozione "A sinistra, per il socialismo europeo".
Fabio Mussi, dopo ore di discussione, finalmente un primo risultato positivo?
Si è sbloccata in extremis una situazione che era restata lungamente bloccata perché, nella sostanza, le richieste della minoranza non erano state accolte nella Commissione. Sul tappeto c'erano due ipotesi: quella di una modifica allo Statuto nel senso di riportare l'elezione del Segretario nell'assise nazionale e votare palesemente nelle sezioni i documenti delle mozioni, ovvero, visto che questa prima ipotesi non è stata possibile, abbiamo chiesto il voto segreto nelle sezioni proprio perché in questo congresso si decide qualcosa di fondamentale. Se un partito sparisce e ne nasce un'altro non è una piccola discussione su questo o quel punto del programma. E una questione di identità. D'altronde lo stesso D'Alema in una recente intervista ha riconosciuto che, per molti, in un congresso come quello che ci si prospetta ad essere in gioco è una questione dell'intera vita. Credo che con queste nuove condizioni procedurali ci sia più libertà per tutti.
Il Congresso, dunque, è confermato per il prossimo aprile?
Si, la data è in aprile. Noi non avevamo chiesto di rinviare il congresso. La nostra proposta era di farlo nelle sezioni e poi, di rimandare l'assise generale a dopo le elezioni amministrative...
Fassino ha dichiarato che il congresso non sancirà lo scioglimento del partito, ma impegnerà la Quercia a "mettere a disposizione la sua forza per la nascita del Partito Democratico"...
Fassino nega che si tratti di scioglimento, ma se fai un altro partito questo non c'è più, e farlo a ridosso delle amministrative - che vorrei ricordare sono le prime elezioni da quando è in carica il governo di centrosinistra - non è saggio.

Serve unità per vincere le elezioni. Le date così ravvicinate potrebbero mettere il bavaglio al dibattito congressuale?
Sia chiaro, andiamo al congresso per vincerlo, per avere la forza di cambiare strada, perché in Italia ci sia una grande alleanza senza la quale non si governa. In questo senso, il rapporto con la Margherita è indispensabile. Io stesso mi sono speso, in un passato non così lontano, affinché questa alleanza prendesse corpo. Ma sono anche convinto che il nostro paese abbia bisogno di un grande partito di ispirazione socialista. C'è in tutti i paesi d'Europa. E' inimmaginabile che in Italia se ne faccia a meno. Questa volta non ci sarà dovere patriottico, il congresso dirà quel che deve dire.