venerdì 21 novembre 2008

Un programma e un partito - Intervento di Luigi Crespino

“Non so se un partito, sicuramente un partire…” questa la suggestiva immagine che Nichi Vendola lasciò agli Stati Generali dell’8 dicembre 2007, alla Fiera di Roma parlando dell’Arcobaleno, morto prematuramente perché poco sviluppato negli organi vitali.
Dopo la cocente sconfitta dell’aprile del 2008 a questo brutto anatroccolo non si offrì nemmeno la possibilità di un’incubatrice. Le quattro macchine che lo tenevano in vita furono immediatamente staccate, facendo a gara a chi la staccava prima. Anche in quella tragedia qualcosa di buono c’era: quattro forze, o de-bolezze, avevano aperto uno spiraglio di dialogo.
Ma immediatamente si ritornò al bieco settarismo, ai vecchi rancori, alla guerra fredda.
Ad appena sei mesi dall’insediamento del governo delle destre, l’Italia sta rotolando in un declivio culturale in cui il richiamo alla “mignottocrazia” rischia, nel paese dei dongiovanni, di falsare il problema.
Il ministro Brunetta socialista, nel senso di PSI, non pentito, nel suo richiamo alle preferenze politi-che dei fannulloni e al loro sindacato di riferimento (che volutamente dimentica, fra l’altro, che era il CAF a gestire, nella quasi totalità dei casi, USL, banche, scuole, comuni, province, regioni, ministeri, teatri, Federcalcio, CONI e via discorrendo) può dare l’impressione di esprimere pensieri frutto di un cervello sofferente. Ma così non è. Affermazioni del genere, per quanto i più potrebbero anche pensarle ma si guarderebbero bene dal dirle, contengono messaggi semplici che hanno, è vero, basi scientifiche nulle, ma hanno un forte credito nel senso comune. Vero è che, invece, l’ipertrofia del settore pubblico italiano ha alimentato e alimenta il consenso elettorale, allo stesso modo come quel segreto di Pulcinella delle pensioni fasulle o come la benzina agricola che finiva nelle BMW e non nelle motozappe.
Con il cadavere del partito repubblicano americano ancora in casa, il presidente del consiglio italiano dopo “abbronzatissima”, si è prodotto in un’altra performance durante la conferenza stampa dalla Turchia. In maniera molto rozza, con un lessico sconosciuto nel mondo diplomatico, ha detto che la Russia ha ragione ad arrabbiarsi perché è stata provocata dagli Stati Uniti. Ovviamente lui conta su un fatto che gli italiani non colleghino il fatto che, se di provocazioni si è trattato, queste sono state poste in essere da quello che lui ha sempre definito suo amico e di cui, comunque, è stato sempre il fido servitore. Lui quando parla si rivolge agli italiani e basta, perché a lui non interessa un fico secco dei rapporti internazionali, a lui interessano le leggi ad personam, le sue aziende, per questo lui dice le cose che l’italiano capisce e su quelle cose fonda il suo consenso.
Allora, che fare ?
Un partito o un partire? Davvero l’alternativa non può essere proprio questa, almeno oggi non più, perché il tempo è scaduto. La domanda che mi pongo e che pongo è questa: la sinistra, oppure le sinistre italiane, al di là di come dovrà chiamarsi (comunista o socialista) la casa nella quale ognuna di queste vuole giungere, hanno un tratto di strada che possono percorrere insieme? … e quanto è lunga questa strada? Credo che il tratto di strada che le sinistre potrebbe percorrere insieme prima di giungere ognuno nella sua terra promessa sia, purtroppo, molto lunga. A volte sembra un gioco dell’oca e oggi, in effetti, abbiamo pagato pegno perchè siamo tornati molto, ma molto indietro nella storia.
Sicuramente si potrebbe partire dalla questione morale, per ritrovarsi in quel percorso comune che vede nella costituzione repubblicana, nei suoi valori fondamentali, nella difesa della tripartizione dei po-teri dello stato, soprattutto dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura il comun denominatore sul quale cominciare a declinare un programma vero che porti ad un partito vero.
Non credo, infatti, che oggi un partito della sinistra non abbia nulla da dire sulla scuola pubblica, sulla laicità dello stato, sul lavoro come diritto di ogni cittadino e sulle libertà sindacali, sulla sicurezza sui posti di lavoro, sul diritto alla salute, sul sistema dell’informazione, su un sistema elettorale che restituisca la libertà di scelta al cittadino. Se l’economia poteva essere fino a qualche tempo fa un alibi formidabile per tenere le strade delle sinistre separate, il libero mercato, credo che sia ormai chiaro a tutti, è un sistema teorico, che esiste come termine di paragone sui manuali di economia e che nella pratica si è tradotto in libero e indiscriminato arbitrio di consumo di risorse naturali, libero e indiscriminato sfruttamento dell’uomo; che una regolamentazione del mercato finanziario sia necessaria, considerato anche il fatto che gli interventi di salvataggio posti in essere, per cercare di salvare capra e cavoli insieme al caviale dei banchieri, da insospettabili feudi del liberismo più sfrenato è comunque incommensurabilmente più costosa. Oggi, in economia, stiamo vedendo quello che per moda, per qualunquismo, per opportunismo, e soprattutto per ignoranza e molta malafede, molti non hanno voluto vedere: la libertà concessa a pochi di giocare al casinò del mercato finanziario globale, comporta effetti sull’economia reale insostenibili che intaccano lo sviluppo stesso. I danni che producono pochi spregiudicati giocatori sono assolutamente non paragonabili ai danni prodotti da tutti “fannulloni” della P.A. o a tutte le ore di sciopero proclamate dai sindacati comunisti etc, etc, etc…
Crediamo che le sinistre riunite in un partito di cose da fare ne avrebbero tante, prima di farsi i di-spetti con nomi e simboli. Senza immaginarsi i cosacchi a San Pietro, costruire un partito della sinistra che abbia chiaro il luogo in cui collocarsi senza “ma anche” di sorta, sia urgente non già o non solo che perché “la sinistra” è quanto di più moderno esista nell’elaborazione del pensiero politico, ma perché è una necessità per un paese che vuole crescere economicamente e svilupparsi culturalmente, che voglia fare un passo in avanti sulla conquista dei diritti civili. Ma a livello di dirigenti ho la spiacevole sensazione che qualcuno giochi non in attacco, ma in difesa e sia restio a dire che noi di sinistra che, a viso aperto, combattiamo mafia e camorra, abbiamo anche un modello serio per garantire la sicurezza, un modello serio per uscire dalla crisi economica che sta strozzando l’Italia e non dà oggi, ma anche quando le vacche erano grasse, perché l’economia italiana è un prato che non è mai fiorito. Forse è bene ricordare che il mondo, prima che si sviluppasse il pensiero di sinistra, era composto da semplici società tribali e feudali. La sinistra quando vuole gestire l’esistente diventa un ferro vecchio, sorpas-sata, superata e non è più sinistra: la sinistra nella storia è sempre stata progresso. Serve un partito che presenti una soluzione per i problemi dei lavoratori, delle madri, dei padri, degli studenti di oggi e non una aggregazione che discuta di come si chiamerà la società di domani.

Luigi Crespino
(
segreteria prov. SD, segretario SD Alliste)

Intervento di Giovanni Carità su Il Paese Nuovo

In un mio articolo pubblicato poche settimane or sono proponevo alcune riflessioni abbastanza circostanziate sullo stato di salute del centro-sinistra nazionale, rievocando come soluzione naturale e necessaria per uscire dalla crisi politica ed elettorale l’immediato ritorno alla stagione ulivista, intesa non tanto come coalizione bensì come progetto politico finalizzato alla vittoria prima e al buon governo poi. La visione corta che ha portato a credere nel bipolarismo fatto in casa ha dimostrato nei fatti come occorra costruire e supportare politicamente coalizioni più o meno salde, per poter competere in tempi rapidi alla pari con Berlusconi.
Per certi versi le ultime vicissitudini e l’atteggiamento arrogante del governo di centrodestra sembrano stiano indirizzando il maggior partito del centro-sinistra ad abbandonare la teoria fallimentare dell’autosufficienza, sempre più irraggiungibile, per intraprendere un nuovo dialogo con le altre forze che si contrappongono alla coalizione berlusconiana. A sinistra finalmente le posizioni tra le varie anime assumono connotati chiari e si spera definitivi, che vedranno (o già vedono) la nascita di un partito di sinistra aperto alla società civile, dialogante con il PD e assolutamente non intenzionato a farsi risucchiare nell’ autolesionismo massimalista di ultima revisione. Il Presidente Vendola, tra i vari temporeggiamenti, sembra sia sulla rotta giusta, sospinto anche dal vento che viene dal popolo della sinistra che chiede a gran voce unità e non divisioni, politica e non calcolo elettoralistico, dirigenti seri e non sbandieratori da piazza. Unità della sinistra: il tempo è adesso. Il progetto di costruzione, in Italia, di un nuovo soggetto politico che dia a questo paese una sinistra capace di misurarsi con le sfide odierne, di guardare al futuro, comincia a prendere forma e sostanza proprio con la chiamata a raccolta lanciata giorni addietro da Vendola, Fava, Mussi, Bandoli, Moni Ovadia, Berlinguer e tantissimi che si aggiungono di ora in ora nella sottoscrizione di un documento unitario “Per la Sinistra”.
In questo quadro generale si “muovono” anche le forze politiche del centro-sinistra provinciale che assorbito e superato lo choc da abbandono, in conseguenza del diniego a candidarsi del presidente Pellegrino, cercano nuove strategie per garantire la vittoria del centrosinistra nella primavera del 2009. Liberi dall’ansia da “mantenimento di poltrona” i big locali cercano di capire quale sia la strada da intraprendere per restare a galla qualunque risultato venga fuori dalle urne, dimostrando per l’ennesima volta di non aver capito che il tempo passa per tutti e soprattutto che l’elettorato del centrosinistra desidera volti nuovi e di dimostrate capacità morali e politiche.
Sembrano delinearsi all’orizzonte le primarie di coalizione, con la partecipazione aperta a tutti i partiti del centrosinistra, e con la speranza che questa consultazione sia dello stesso livello di quella che portò Vendola a guidare la Regione Puglia. Se si faranno saranno certamente primarie vive e partecipate, ma altrettanto certamente saranno ancora una volta la dimostrazione dell’incapacità di scegliere dell’attuale classe dirigente.
Personalmente non ho mai condiviso le primarie come strumento politico e ancora oggi le reputo la valvola di sfogo delle correnti interne ai vari partiti che incapaci di trovare soluzioni condivise si rassegnano alla lotteria del voto, anche quando questo non è richiesto. Le primarie sono conseguenza dell’incapacità, della miopia, dell’irresponsabilità di chi al pensiero dovrebbe far seguire senza interposizioni l’azione. La politica intesa come strumento e non come fine non deve farsi condizionare dalle circostanze bensì anticipare gli eventi e determinarne il corso. Le primarie invece hanno l’effetto contrario, condannano la politica sotto il giogo del contingente e la riducono alla gestione della quotidianità.
Se primarie saranno bisognerà comunque pur esserci, ma con le idee chiare, per sostenere la migliore delle candidature affinché dove non riesce a giungere la politica ci giunga il buonsenso dei militanti. Pertanto occorre da subito dichiarare il proprio punto di vista, la propria visione politica e anche il miglior candidato possibile. A parer mio chi intende l’incarico politico come un momento di impegno per la propria terra, supportato da onestà e spirito di sacrificio, non dovrebbe avere tentennamenti nell’individuare nella persona di Sergio Blasi la migliore delle candidature possibili. Non sono certo io a dover dimostrare quanto di buono fatto da Blasi come amministratore e soprattutto del come abbia operato, del suo essere in qualsiasi espressione politica e culturale la parte migliore di un’idea più ampia di Salento e di salentinità.
Chi oggi non è in grado di decidere o meglio non ha il coraggio di scegliere sappia che non troverà nell’intera provincia di Lecce alcun elettore di centro-sinistra scontento se, superando almeno per una volta le beghe partitiche, si dovesse arrivare alla candidatura di Sergio Blasi come presidente della provincia.

Giovanni Carità
(segreteria provinciale SD)

lunedì 17 novembre 2008

martedì 11 novembre 2008

Ma quale tregua, Sinistra democratica sfida l'area Vendola

Tra le varie aree di Rifondazione sarà pure una «tregua», come hanno concordato ieri Paolo Ferrero e Nichi Vendola, ma sulle prospettive politiche gli ex soci dell'Arcobaleno continuano a vederla in modo opposto. All'assemblea nazionale degli amministratori di Sinistra democratica a Firenze, 400 quadri locali belli tosti, l'ipotesi di un cartello elettorale a sinistra del Pd non sfonda proprio, anzi. Claudio Fava, coordinatore del movimento ex Ds, è chiarissimo: «Noi vogliamo lanciare un nuovo partito della sinistra subito. Entro la fine dell'anno ci sarà un nome, uno statuto e un nuovo simbolo». E l'associazione che avete presentato venerdì a Roma? «E' uno strumento leggero ed essenziale ma di passaggio», risponde Fava, per il quale l'ipotesi di un cartello elettorale tipo Arcobaleno 2 «non esiste proprio». E a chi obietta che così si aprirebbe lo scontro fratricida a sinistra l'eurodeputato risponde per le rime: «Ma ben venga una sana competizione elettorale tra noi! L'Arcobaleno ha perso proprio perché era un'unità fittizia di culture e strategie politiche diverse. Non si può fingere un'unità che non c'è. Per noi il tema del governo e dunque di un nuovo centrosinistra alleato col Pd non può essere accantonato». Anche Fabio Mussi alza le spalle di fronte alle difficoltà dell'area vendoliana del Prc: «Noi lavoriamo perché tutta la sinistra si unisca. Se non è possibile si unirà quella che è possibile». Ma quale?Naturalmente le scissioni non si augurano a nessuno, è evidente però che l'offensiva di Sd punta innanzitutto all'area vendoliana di Rifondazione (il 47% del partito). Che oggi come non mai appare confusa sul da farsi. Se Gennaro Migliore auspica che nel Prc si apra il dibattito perché «una sinistra unita è più utile oggi di prima», tanti ex bertinottiani non la pensano così. Dal lombardo Augusto Rocchi al toscano Milziade Caprili fino all'ex vicecapogruppo in senato Tommaso Sodano, in molti concordano nel dire che lasciare ora Rifondazione sarebbe semplicemente esiziale. Sono voci certo non dissonanti da quella di Fausto Bertinotti, che in un incontro di qualche giorno fa con Ferrero ha marcato la sua distanza con l'attuale corso rifondarolo ammettendo però con una inusitata franchezza che «fare una scissione prima delle europee sarebbe un suicidio». Di fronte al quale la strada del «soggetto dentro/fuori» Rifondazione scelta con «l'associazione per la sinistra» appare un ibrido incomprensibile e alla lunga insostenibile dentro un partito che continua ad essere lacerato. Lo dimostra, per esempio, il caos al congresso regionale della Sardegna dove, in controtendenza, la maggioranza di Chianciano è minoranza (il 37%) e ha abbandonato i lavori alla semplice comparsa di Nichi Vendola per un dibattito «non concordato nel partito» con Renato Soru.Strappi, risse e sollecitazioni (vedi sopra Diliberto) che non smuovono Ferrero, preoccupatissimo soprattutto per i conti in rosso di Liberazione. Per ora la sua linea è rafforzare una sinistra. «autonoma» Come e per fare che si vedrà.
Matteo Bartocci

Da il Manifesto del 09 Novembre 2008

Costruire la Sinistra: il tempo è adesso

Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta in tutte le piazze del paese per una scuola che li aiuti a crearsi un futuro ci dicono che la speranza di un’altra Italia è possibile. Che è possibile reagire alla destra che toglie diritti e aumenta privilegi. Che è possibile rispondere all’insulto criminale che insanguina il Mezzogiorno e vuole ridurre al silenzio le coscienze più libere. Che è possibile dare dignità al lavoro, spezzando la logica dominante che oggi lo relega sempre più a profitto e mercificazione. Che è possibile affermare la libertà delle donne e vivere in un paese ove la laicità sia un principio inviolabile. Che è possibile lavorare per un mondo di pace. Che è possibile, di fronte all’offensiva razzista nei confronti dei migranti, rispondere - come fece Einstein - che l’unica razza che conosciamo è quella umana. Che è possibile attraverso una riconversione ecologica dell’economia contrastare i cambiamenti climatici, riducendone gli effetti ambientali e sociali. Che è possibile, dunque, reagire ad una politica miserabile la quale, di fronte alla drammatica questione del surriscaldamento del pianeta, cerca di bloccare le scelte dell’Europa in nome di una cieca salvaguardia di ristretti interessi.
Cambiare questo paese è possibile. A patto di praticare questa speranza che oggi cresce d’intensità, di farla incontrare con una politica che sappia anche cambiare se stessa per tradurre la speranza di oggi in realtà. E’ questo il compito primario di ciò che chiamiamo sinistra.

Continua

giovedì 6 novembre 2008

Sd presenta la campagna contro la criminalità

«La camorra è una montagna di merda. «Facciamo neri i camorristi» e ancora, «Saviano è amico mio». Sono i tre slogan della campagna-choc che Sinistra democratica lancerà giovedì, nel corso di una manifestazione a Castel Volturno, e che è stata presentata da Claudio Fava e Arturo Scotto. E c'è anche la polemica contro il governo di destra Berlusconi. «Il governo non ha la legittimità per condurre la lotta alla camorra finché manterrà nel suo ruolo il sottosegretario Nicola Cosentino», ha spiegato ieri il coordinatore di Sinistra democratica, Claudio Fava, durante la presentazione dell'iniziativa del partito contro la camorra. Cosentino, ha detto Fava, «è stato indicato da cinque pentiti come organico ai Casalesi. Cosentino non ha avuto il buon gusto di dimettersi né dall'incarico di sottosegretario, né da quello di segretario regionale del partito; il suo partito, Forza Italia, gli ha consentito tutto questo, e anche Berlusconi gli ha consentito di permanere al governo. E questo toglie qualsiasi legittimità al governo stesso». Gli slogan compariranno su 70mila manifesti (scritta bianca e nera su sfondo rosso) che saranno affissi nella zona controllata dal clan dei Casalesi. «La politica - ha detto Scotto - ha rimosso la questione della lotta alle mafie e alla camorra». Di qui la decisione di Sd di lanciare questa campagna nel tentativo «accendere i riflettori su questi temi, soprattutto con un governo che da una parte garantisce l'ordine pubblico con l'uso dell'esercito, dall'altra mostra al suo interno omertà, come mostra la vicenda di Cosentino». I due manifesti esprimono «una solidarietà non formale» a Saviano, ha spiegato Fava. «Alcuni colleghi giornalisti - ha rilevato il coordinatore di Sd - hanno sottolineato che Saviano è uno scrittore, dimenticando che è un giornalista. Dire che è scrittore è quasi un voler affermare che le tante cose da lui scritte sono sì belle ma poco aderenti alla realtà. Invece noi ribadiamo che Saviano ha scritto nomi e cognomi ed è un eccellente giornalista, e quindi è amico nostro». Il secondo slogan («La camorra è una montagna di merda»), riprende invece un'espressione di Peppino Impastato coniata per la mafia nel 1974. «Ogni altro aggettivo o sostantivo - ha detto Fava - sarebbe sbagliato». Sinistra Democratica lancerà quindi la campagna giovedì pomeriggio partendo da Castel Volturno, con l'affissione di manifesti con i due slogan, che saranno attaccati, ha spiegato Scotto, per coprire le scritte con le minacce a Saviano. Oltre a 70.000 manifesti che saranno affissi, la campagna prevede la distribuzione di 5000 cartoline e 10.000 magliette. All'iniziativa di Castel Volturno, a cui parteciperà anche Moni Ovadia e numerose associazione laiche e cattoliche, si concluderà nel centro Caritas con una cena multietnica. Ci saranno il coordinatore di Sd, Claudio Fava, e l'ex deputato Arturo Scotto, lo scrittore Moni Ovadia, Paolo Beni, presidente nazionale Arci, Roberto Natale, segretario Fnsi. Ma, spiega Fava, «abbiamo invitato tutte le forze politiche del centrosinistra». Ma soprattutto quelle della sinistra alternativa: «Questa iniziativa deve essere patrimonio del processo politico della costituente della sinistra».


Da Liberazione del 04/11/2008

mercoledì 5 novembre 2008